Da un punto di vista lessicale i termini cervello e mente sono considerati sinonimi. Tuttavia, mentre per il primo si intende l’organo fisico posto nella scatola cranica, la parola mente si si riferisce all’insieme delle attività cognitive di ogni essere vivente che sia dotato di coscienza, pensiero, linguaggio.
Negli ultimi decenni lo sviluppo delle neuroscienze ha fatto sì che la ricerca sulle facoltà del pensiero umano si sviluppasse in un certo grado di continuità con la ricerca sul mondo biologico.
Negli anni settanta il cognitivismo si concentrò sulle modalità con le quali un’ informazione viene recepita attraverso i sistemi senso-percettivi e quindi elaborata e immagazzinata al fine di renderla disponibile per un’ulteriore utilizzazione. Secondo tale tipo di approccio nel cervello sono presenti diversi livelli funzionali, legati a processi neurochimici da un lato e a processi psicologici dall'altro.
Negli anni '80 il filosofo statunitense John R. Searle ("The rediscovery of the mind, 1992) ha rovesciato l’ottica funzionalista sostenendo che stati fisici e stati mentali sono esattamente coincidenti tra loro. Si parla dunque di sistemi neuronali e di sinapsi in un contesto biologico e di stati mentali in contesti psicologici o culturali. Stati mentali e stati fisici sono cioè complementari ed i primi sono “emergenti” rispetto ai secondi.
Sempre in quegli anni, Gerald M. Edelman - biologo statunitense e Premio Nobel per la Medicina, spiega la teoria della mente come “ l'insieme di realtà biologica, aspetti evolutivi e funzionali del sistema nervoso, e vita mentale dell’individuo". Secondo Edelman l’elemento che caratterizza la vita è la memoria, indispensabile per conoscere e apportare quei cambiamenti nell’organismo che sono funzionali a superare le sfide dell’ambiente. L’esperienza e l’apprendimento vanno di pari passo con il mutamento organico ed evolutivo e sono essenziali per l’adattamento. Edelman ha messo a punto una teoria biologica della mente denominata " teoria della selezione dei gruppi neuronici (TSGN)", proposta per la prima volta nel 1987. Secondo Edelman il gruppo neuronale è il nucleo centrale della TSGN. Esso è costituito da centinaia o migliaia di neuroni fortemente interconnessi tra loro. Su tale variabilità agisce la selezione che ha tre diversi momenti: sviluppo, esperienza e rientro. Mappe di gruppi neuronali si organizzano sulla base degli stimoli provenienti dal mondo esterno per dare luogo a repertori secondari. Questa struttura di mappe è alla base del funzionamento della memoria, la quale va intesa come processo di ri-categorizzazione dell’esperienza. Ne consegue che il sistema nervoso può essere definito come un sistema di riconoscimento che ha il compito di classificare e categorizzare l’intera esperienza sensoriale, per costruire gradualmente nella mente un modello adeguato del mondo circostante. Le esperienze hanno la capacità di allertare gran parte del cervello, in particolare quelle aree interessate alla categorizzazione e alla reazione all’evento. Si pone pertanto la possibilità che con l’esperienza una nuova classe di eventi divenga progressivamente capace di attivare dei sistemi di valore. La TSGN riguarda l’organizzazione iniziale dell’anatomia del cervello durante la fase di sviluppo. La successiva selezione di schemi di risposta nel corso dell’esperienza costituisce il fenomeno del rientro, cioè il processo di scambio di segnali fra mappe che dà origine a funzioni specifiche del comportamento. Edelman sostiene che è proprio di ogni individuo andare incontro nell’arco della vita a una selezione continua di cellule o di gruppi di neuroni che fanno parte di una mappa o di altre presenti nel cervello. Ne consegue che le funzioni cerebrali si formano secondo un processo interattivo e selettivo continuo che dà luogo a uno schema di gruppi neuronici di ulteriore complessità. In base a ciò Edelman sostiene che ogni percezione è un atto creativo. Il cervello ha inoltre la caratteristica di poter creare esso stesso mappe di nuove mappe e quindi dare luogo a una segnalazione rientrante capace di modificare e affinare l’esperienza stessa. Di notevole interesse è il modello della gruppalità che è presente nel funzionamento delle reti neurali. Le gruppalità, infatti, hanno la possibilità di realizzarsi attraverso strutturazioni di sistemi e di sottosistemi che portano in sé stessi un principio ordinatore specifico di ogni singola funzione. Nel corso di tale ulteriore organizzazione le reti che si costituiscono in gruppi neuronali vanno incontro a momenti di ulteriore sviluppo in estensione oppure di riduzione, in rapporto, quest’ultima, al fenomeno di amputazione di ‘rami secchi’. Esistono valori innati e indispensabili per costruire un mondo che è personale e composto di significati e di riferimenti. La coscienza di ordine superiore libera l’individuo dalla schiavitù del qui e ora e gli consente di riflettere e analizzare i propri sentimenti, di attingere alla cultura e alla storia e di raggiungere un nuovo ordine evolutivo e una nuova struttura mentale. Secondo Edelman le scene della coscienza primaria per diventare consapevoli vengono ulteriormente sottoposte al processo di ricategorizzazione che consente la memorizzazione.
Lo psicobiologo italiano Alberto Oliverio si occupa delle basi biologiche della memoria, sostenendo che quella a breve termine sarebbe il risultato di un processo di assemblamento funzionale temporaneo di cellule nervose che stabiliscono connessioni reciproche. Qualora il processo si protragga a lungo darebbe luogo alla produzione di nuove e stabili connessioni sinaptiche tra neuroni. Nel caso del potenziamento a lungo termine dell’attività elettrica sinaptica si determina, infatti, una modifica strutturale dei neuroni conseguente ad alterazioni enzimatiche e proteiche che a loro volta trasformano la struttura neuronale di base (il citoscheletro) e stimolano la formazione di connessioni sinaptiche. «Le variazioni delle caratteristiche del circuito nervoso permettono così di registrare l’informazione all’interno di reti neurali. […] Secondo questa teoria, la mente dipende dall’esistenza di reti in grado di autoorganizzarsi […]. Da questi cambiamenti della rete neurale deriva l’apprendimento» (Oliverio 2004). Il ricordare non implica una semplice fotografia, la memoria viene influenzata in primo luogo dall’emozione, la quale determina importanti modificazioni somatiche che hanno il ruolo di consolidare le esperienze.
Un notevole contributo alla conoscenza del rapporto tra mente e cervello è stato fornito dallo studio di pazienti che hanno subito lesioni fisiche cerebrali.
Il neurologo portoghese Antonio R. Damasio riferisce su un caso clinico, noto nella letteratura neurologica, che ha fornito l’occasione per alcune importanti considerazioni fisiopatologiche (The Descartes’ error: emotion, reason, and the human brain, 1994). Si tratta di Phineas P. Gage che, nel 1848, era caposquadra di una impresa di costruzioni e mentre lavorava alla costruzione di una ferrovia fu incidentalmente colpito da una sbarra di ferro che attraversò la scatola cranica per fuoriuscire dall’altra parte. Il rapporto tra lesioni cerebrali e menomazione dell’esperienza emozionale emerse chiaramente dalla relazione neurologica che consentì di individuare con precisione la zona della lesione cerebrale. L’apparente esiguità dei sintomi neurologici, tra i quali era compresa anche la perdita della vista dall’occhio sinistro, si confrontò con un clamoroso cambiamento della personalità. Non vi era più alcun rispetto delle convenzioni sociali, le decisioni erano prese indipendentemente dal proprio interesse, non vi era preoccupazione per il futuro, non un sistema di valori; ma l’attenzione, il linguaggio, la memoria e l’intelligenza erano apparentemente integri. Era presente una lesione delle cortecce prefrontali mentre era conservata l’integrità delle regioni cerebrali deputate al linguaggio e alla funzione motoria (la corteccia motoria e premotoria e l’area di Broca); intatte apparivano anche le cortecce sulla faccia laterale del lobo frontale. Secondo Damasio, la vita mentale si realizzerebbe attraverso il meccanismo dell’utilizzazione di informazioni derivanti dalle strutture nervose preposte all’elaborazione delle risposte affettivo-emotive e allo stesso tempo in relazione con i contenuti della memoria, che riemergono nel momento dell’esperienza. Per descrivere il legame esistente tra mentale e somatico, Damasio introduce il concetto di ‘marcatore somatico’. Tipica, per es., la risposta cardiovascolare a un evento emotivamente coinvolgente con la comparsa di tachicardia, elevazione dei valori pressori e sintomi disfunzionali riferibili anche ad altri apparati. Inoltre, Damasio sostiene che nel corso di un’emozione sono presenti attivazioni intercorrenti tra diverse regioni cerebrali sia attraverso la via ematica sia attraverso quella neurale (Emozione e coscienza, 2000). Lo studio del caso Gage ha permesso a Damasio di individuare nell’area della corteccia frontale la funzione di mediare gli aspetti emotivi e cognitivi del comportamento. Ulteriori ricerche confermano che la coloritura emotiva propria di una decisione allo stato nascente si pone in relazione con le memorie emotive relative a pregresse esperienze.
Il neurobiologo francese Joseph LeDoux si è interessato ai rapporti tra struttura cerebrale ed eventi emozionali: l’emozione «può essere definita come il processo attraverso cui il cervello determina o computa il valore di uno stimolo» LeDoux sostiene che «quando siamo alle prese con un’emozione, vuol dire che sta accadendo qualcosa di importante, forse una minaccia alla nostra vita, e molte risorse cerebrali sono chiamate a occuparsi del problema. Le emozioni sono turbini di attività che mirano tutte allo stesso obiettivo» (The emotional brain. The mysterious underpinnings of emotional life, 1996). L’esperienza clinica e chirurgica ha dimostrato quanto la stimolazione di determinate zone del cervello, in occasione di interventi chirurgici, dia luogo sia a espressioni facciali sia a sentimenti di tristezza, scoppi di pianto immotivato e stato di grande melanconia.
Le neuroscienze al momento attuale non sono in grado di fornire dati sui meccanismi interni del cervello tali da poter spiegare il funzionamento della coscienza e come essa abbia la qualità di emergere dall’attività bioelettrica dei neuroni. Ciò che è possibile attendersi dalla ricerca è l’individuazione nelle strutture del cervello dei correlati neurofisiologici di ciascuna esperienza mentale. Nella consapevolezza che non potrà mai trattarsi di un’equivalenza che abbia il valore di una simmetria funzionale tra struttura neuronale e pensiero.
La Mind Science Foundation di Sant’Antonio (California) ha sponsorizzato un vivace dibattito, svoltosi presso l’Oxford University nel 2006, su quali siano i migliori correlati della coscienza. Questo dibattito dimostra che ogni percetto cosciente è associato a una specifica coalizione di neuroni che hanno un comportamento altrettanto specifico. La coalizione dipende dalla presenza di circuiti di attivazione nel tronco cerebrale e nel talamo. Questi gruppi neuronali specifici sarebbero i mediatori o gli artefici di distinte esperienze coscienti. I neuroni sono parte integrante di vaste reti e solo in quel contesto possono generare la coscienza.
Allo stesso tempo il contributo di altri ricercatori (Parnia 2007) ha messo in evidenza che la coscienza e la mente, in condizione di sospensione della circolazione cerebrale che si determina durante l’arresto cardiaco, continuano a funzionare, mentre si riscontra che l’attività elettrica del cervello è cessata. L’anestesia rinforza l’inibizione sinaptica e riduce l’eccitazione, gli anestetici alterano la proprietà emergente del cervello.
È stato dimostrato che un’enorme popolazione di neuroni tra il talamo e la corteccia scarica transitoriamente e coordinatamente, stabilendo una complementarità di azione tra loro. Tale lavoro di concerto alimenterebbe la coscienza. Reti di neuroni ad ampio raggio si disfano e si riformano in condizioni di coalizione esclusiva per ogni istante di attività. La possibilità di ulteriori avanzamenti della ricerca è legata alla disponibilità di apparecchiature capaci di produrre un’immagine del cervello attraverso la risonanza magnetica funzionale (brain imaging) a tempi brevissimi di risposta, tali da rendere sempre più rispondente l’immagine rilevata all’evento mentale che è in corso di attuazione, fino a trovare la perfetta corrispondenza tra loro.
Lo studio delle neuroscienze si occupa oggi della integrazione di mente e cervello ed ha ha tre implicazioni importanti:
1) in primo luogo , con le modifiche neurali del cervello, la mente cambia;
2) in secondo luogo , a seguito di modifiche nei processi mentali, il cervello cambia;
(molti di questi cambiamenti sono fugaci , come quando il cervello cambia di momento in momento per sostenere il movimento delle informazioni . Ma molti altri cambiamenti sono durevoli , e legano i neuroni insieme costituendo una "struttura")
3) in terzo luogo, e questa è l'implicazione pratica sulla quale si concentra il modello Changing Mind: è possibile usare la mente per cambiare il cervello e farne beneficiare tutto il nostro essere e ogni altro essere la cui vita si tocca .
La mente crea la realtà più profonda in opposizione alla più esterna realtà del mondo. Noi vediamo colori e forme, percepiamo gli odori e i profumi, udiamo voci e suoni. Percepiamo lo scorrere del tempo. Ma l'universo è composto da particelle e onde. La mente, quindi, traduce il mondo in sensazioni. Poi elabora le sensazioni per produrre pensieri, memoria , concetti, idee. Nessuno di questi è realmente reale. Poi la mente crea la coscienza, cioè la consapevolezza di sentire quelle sensazioni e, soprattutto, la sensazione soggettiva di esistere.
Cos'ha dunque di speciale la mente? Non solo e non tanto le facoltà cognitive, quanto "la vita interiore". La mente è una fabbrica che costruisce rappresentazioni, che traduce questo mondo di particelle e onde in un mondo di colori, suoni, odori, sensazioni: la coscienza. Qui giace il grande segreto della mente.